Ieri 13 settembre, domenica soleggiata, cielo limpido, stato d’animo in attesa. In attesa di qualcosa di bello, che mi scaldasse il cuore, pieno di gelo in questi giorni.
Ho dovuto vincere la resistenza che mi tentava di restare a casa, di grociolarmi nella mia solitudine. Poi il ricordo dei concerti a cui avevo assitito, accolta dal gruppo con quel calore di cui sentivo un estremo bisogno, mi ha fatto cedere.
Il viaggio di andata con Marco e le sue due figlie, Anna e Claudia e, con Claudia la sorpresa, abbiamo scoperto di essere nate lo stesso giorno, il 22 novembre anche se a distanza di molti anni, “sigh”, per me!
Il discorrere di tante cose senza paura di essere fraintesa, ascoltare ed essere ascoltata con il piacere reciproco di uno scambio di esperienze, di idee, di emozioni, di problemi e difficoltà che ognuno di noi incontre quotidianamente senza giudicare o senza essere giudicati, rispetto reciproco insomma. Rispetto! Che parola semplice a dire e così difficile da trovare nelle relazioni! E’ consolante scoprirla come essenza, come parte integrante di alcune persone, poche invero.
Ci troviamo tutti all’uscita dell’autostrada. Rivedo con piacere Filippo e il suo abbraccio mi avvolge piacevolmente.
Scuderia Bi.Gi. Cascina Goraro, in una località tra Brescia e Cremona. Una decina di chilometri dall’uscita dell’autostrada, poi qualche chilometro di strada bianca fiancheggiata da robinie e gelsi.
Procediamo in fila indiana con le macchine avvolte da una nuvola di polvere bianca e sottile.
Arrivata alla Cascina, resto impressionata dalla grandezza degli edifici tutti in mattoni rossi. Ci accolgono la proprietaria, Ingrid e la sorella. Molto simili nell’aspetto ad eccezione dell’altezza, Ingrid è parecchio più alta, entrambe portano i capelli biondi a caschetto, occhiali scuri, pantaloni sportivi, scarpe basse, fisico asciutto. (Per il concerto si sarebbero vestite in lungo, di bianco.)
Cordiali e per nulla pompose, ci danno alcune notizie sulla scuderia. Questa parte della proprietà si estende per quaranta ettari, ed è usata come palestra per i cavalli a partire dai sette mesi, svezzati da poco. Allevano cavalli da corsa specializzati nelle gare di trotto. Ne possiedono duecento dislocati in tre cascine.
In quella padronale, vi è compreso un campo da golf di 18 buche. Una parte della proprietà è riservata alle giumente e agli stalloni da riproduzione; tutti i loro cavalli sono nati qui, in una nersery modello.
Il concerto, che ha come titolo conduttore “Cantilunio”, (opera sicuramente di Filippo questo particolarissimo acronimo), si svolgerà in due momenti: una prima parte al centro di un anfiteatro naturale che raggiungiamo a piedi camminando in un pascolo immenso con l’erba tagliata e, non un filo si staglia per rompere l’uniformità di questo immenso tappeto erboso.
Alla nostra destra un gruppo di puledri segue il capobranco che ben si individua, con il muso rivolto in avanti, elegante e fiero come la prua di una nave, segna la rotta. Grandi staccionate dividono in grandi sezioni il pascolo e separano i cavalli maschi dalle femmine.
Le staccionate sono tutte elettrificate, a basso voltaggio si intende.
Il gruppo che stiamo ammirando è di maschi e al rumore cadenzato degli zoccoli se ne percepisce un altro, mai sentito, ritmico anch’esso ma quasi ovattato. Ingrid ci spiega che è il rumore prodotto dai testicoli dei cavalli che sobbalzano e si bocciano durante il trotto; incredibile!
Resto a guardarli ammirata della loro elegante naturalezza, poi mi chiedo se non siano i cavalli con il loro brucare e, non opera di un tosaerba, gli artefici di questo bellissimo, immenso, perfetto mare verde dove il mio stivale affonda con piacere.
Arriviamo al centro della radura, un gruppo di alberi disposti naturalmente ad anfiteatro faranno da palcoscenico e cornice alla prima parte del concerto.
Filippo dispone i cantori, Marco posiziona il cavalletto per le foto e poi qualche piccolo accordo di prova. Si ritorna alla cascina seguendo un altro percorso rispetto all’andata. Stesso manto erboso, ogni tanto una zolla sollevata da uno zoccolo mi fa capire che i padroni assoluti di questo spazio sono loro: i cavalli.
Si continuano le prove sotto un antico portico che termina in un fienile. Il palco è già stato allestito ieri da Marco. Una sessantina di poltroncine bianche come quelle da giardino accoglieranno gli ospiti durante il concerto.
Fa caldo e attraversiamo la grande corte. Un altro portico completa la costruzione speculare a dove si svolgerà la seconda parte del concerto. Stanno arrivando gli ospiti che, essendo tutti amici dei padroni di casa, si impegnano a preparare una decina di tavole. Sarà offerta alla fine, una cena a buffet.
Un grande frigorifero ad armadio riempito fino all’inverosimile offre agli ospiti e ai cantori la possibilità di dissetarsi con acqua o birre fresche. Mi siedo sotto il portico e mentre i componenti del coro si stanno cambiando in una stanza vicina, mi dedico a una delle mie occupazioni preferite: osservare le persone e cercare di intuire attraverso il loro comportamento le dinamiche che mettono in atto nell’accostarsi le une alle altre.
Il tempo scorre veloce quando mi immergo in questo gioco della mente, senza malizia o pregiudizi, solo come osservatore.
I cantori sono pronti; vestiti rigorosamente di nero, un bocciolo di rosa bianca quasi lattea, ingentilisce l’austerità dell’insieme. Solo Filippo indossa su pantaloni neri una camicia bianca, collo alla coreana, bottoncini di stoffa a nodino, un po’ orientaleggiante. E’ proprio un bel vedere e sono felice di esere qui con loro.
Il sole è meno alto e ci incamminiamo per la prima parte dell’esibizione che sarà all’aperto; passiamo vicino ad una vasca, quasi una piccola piscina dove i fiori di loto hanno trovato dimora confortevole perchè ne hanno ricoperto tutta la superfice. Dalle grandi foglie di un verde intenso e lucido, spuntano simili a colli di tante gru i gambi lignei dei fiori che, non ancora appassiti, formano naturali, stupende sculture.
Le erbe, per la temperatura meno calda, aprono i loro pori e rilasciano i loro aromi e il prato ora profuma, profuma di pulito.
Anna, la figlia di Marco, incaricata di scattare le foto, è intimidita per paura di sbagliare, comprensibile perchè, immortalare quell’angolo dove la natura fa spettacolo, accoglie e abbraccia i cantori come in un’urna, renderebbe ansioso chiunque. Claudia la sorella più giovane la rassicuta, io la incito e lei comincia a scattare.
Arrivano gli ospiti che Filippo invita a disporsi in semicerchio di faccia al coro, quasi a completare idealmente un cerchio.
Si inizia, Filippo si pone davanti al leggio e tutti aspettano, siamo tutti come sospesi; John Gage, solenne il silenzio di 4’33” che parla al cuore di chi sa ascoltare.
Poi i maschi del coro, rimasti muti, cheti cheti si allontanano, in buon ordine abbandonano la scena.
Susanna, con la sua voce da contralto estremamente raro e che tanto invidio, il cui termine designa sia la più grave delle voci femminili, sia la cantante che la possiede. Il suo registro peculiare riempie l’aria, la robustezza, la rotondità, l’ampiezza del volume e la pienezza della sonorità in essa si fondano e poi ancora le sole voci femminili in “ A Nannina”. Stupore e incanto, emozioni pure che fanno bene all’anima, entrano in me prepotentemente e mi fanno sentire viva.
Lunghi, lunghissimi applausi, ben meritati anche da parte di tutto il pubblico.
Il cammino a ritroso insieme. Giovanna, una delle soprano, scopre un quadrifoglio, non so come in un prato così grande. Lo coglie e me lo dona. Questo piccolo, delicato quadrifoglio serberò gelosamente come il regalo più bello e più prezioso.
Arriviamo all’edificio principale, tutto si svolgerà sotto al portico, mi accomodo tra gli ospiti mentre i cantori si dispongono a ventaglio per l’esibizione.
La breve presentazione che Filippo ci offre per ogni brano è carica di passione; passione per la musica, passione per gli autori, per la storia che contiene, per le loro storie umane. E’ così che si entra in sintonia, un tutt’uno per goderne appieno la magia.
Ricordando il Festival Internazionale Corale e il tour in Sicilia del 2006, introduce il pezzo scritto dal Maetro Luciano Berio, trova il modo carinissimo di citare tra le altre cose…l’amica Annalisa, anche oggi qui presente…Grazie Filippo dice il mio cuore, grazie di chiamarmi amica, ne sono onorata.
Le emozioni non finiscono, sotto il porticato, uno dopo l’altro i pezzi del coro fluiscono, avvolgono, catturano, incantano.
Dopo gli applausi che sembrano non finire mai, un po’ stordita mi fermo, sola, un po’ da sola mentre tutti si avviano al buffet; da sola perché voglio che diventino memoria permanente e non attimi intensi ma fugaci le mie emozioni.
Ora sto bene, proprio bene e ho voglia di assaggiare le leccornie che gli altri stanno già gustando; c’è di tutto, stuzzichini a non finire, parmigiana di melanzane, pasta fredda, mozzarelline, frittatine, crostini, olive e pomodorini ripieni, salumi e…tre porchette allo spiedo!
Dolci e frutta a volontà, vini pregiati e per il brindisi finale, lo spumante.
Non ho fame, solo voglia di condividere il momento conviviale e, mentre seduta sorseggio un po’ di vino bianco e sbocconcello una piccola pagnotta di pane salato, si avvicina uno dei cantori, è uno dei bassi nel coro, Roberto.
Si toglie la sua rosa bianca e me la appunta sul petto. “Questa è per te” Il suo è un gesto di amicizia e di stima, sono commossa.
Mi sento in pace con me stessa, è bello essere qui, li ringrazio tutti ad uno ad uno con lungo abbraccio prima di ripartire.