“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto”. La mielata visione poetica di Ludovico Ariosto è ormai molto lontana dalla grossolana rappresentazione del contrasto di armi e di amori che ne danno ora i monopolizzatori dell’arte scenica.
Eppure il nostro tempo si avvicina a quello, dovendo di nuovo l’arte servire a un padrone, Amazon sia, oppure Netflix. Ma questi moderni feudatari non chiedono più il raffinato linguaggio, con grazia e misura, per esserne deliziati essi stessi, come i potenti di allora; dall’artista pretendono semplicemente di involgarire il volgo e, soprattutto, di continuare a rendergli certo che, della condizione umana, l’intrinseca immanenza sta tutta nella cruda lotta.
Quell’ebreo che si ribellò, non a Cesare ma alla declinazione della realtà umana in senso bellicoso, fu considerato più malfattore di un comune malfattore, stante il fatto che quest’ultimo è coerente con la dinamica accreditata. Accreditata così tenacemente e senza tregua, che essere pacifista equivale a essere un bel cretino. Cosa c’è infatti di interessante, di là della contrapposizione, di là della dialettica del bene e del male, dell’attaccante e del difensore, del conquistatore e del conquistato? Senza questo non c’è storia, non c’è umano! Siamo in un western! Tanto potentemente è stata impedita l’area psicologica e sociale che adombrava il subito Giustiziato! E si sono oculatamente affrettati a darlo in mano ai teologi, per farne un paladino, un simbolo, l’emblema per eccellenza del bene, in nome del quale crociare in ogni modo, tradendolo, radicalmente sconfessandolo, interamente sovvertendo il senso di ciò che aveva indicato.
Ma ora che abbiamo esplorato tutto il campo del dissentire —e forse ci si vorrebbe distaccare — ecco che i detentori del potere se ne spaventano e provvedono: assoldano gli artisti del cruento, inventano nemici invisibili per indire nuove crociate mediatiche, finanziarie, sanitarie, per creare e scatenare fazioni.
L’odierna committenza della letteratura e della predominante arte cinematografica (che inizialmente scatenò liberi e pericolosi artisti) ha ben resettato le possibili devianze, sopprimendo le librerie indipendenti e le industrie creative come quelle annidate in Cinecittà.
Non è mai stato possibile sperimentare l’area dell’armonia, tanto che pare non possa avere contenuti. Quasi non ne ha, infatti. Contro la possibilità che se ne potessero immaginare, sono state puntate tutte le frecce della storia.