T’incontrerò di notte nel verso di una canzone, saremo gli sguardi voltati di Hopper nella tela del tempo o le ombre di una Nouvelle Vague. C’incontreremo e cercherai nel mio viso segnali, crateri, arterie e fiumi di mota, indagherai con gli occhi i solchi della tua presenza. C’incontreremo e parleremo di noi. Mi racconterai dei tuoi amori inseguendo sulla pelle i miei. Rideremo delle nostre urla, rideremo ancora dei ricordi differenti e giocheremo a reinventare il puzzle. Per ogni memoria svelata un’altra si offusca in lento movimento. Rideremo e non rideremo davvero; tra le dita la cifra di quello che eravamo. Le dita sanno sempre quanto sia semplice amarsi; le mie strapperanno il foglio di un quaderno, tu ne farai coriandoli e vivremo dentro l’attimo, un’altra storia, un’altra dimensione, dove tutto è lo stesso o forse differente, in un posto dove nessuno conosce il mio nome né il tuo, dove nessuno ti chiede se è giusto. Dentro l’attimo brillerà la melodia nascosta delle more mature. Poi di nuovo cercherai di riempire i silenzi e vorrai raccontarmi il mondo coi tuoi occhi, come zucchero filato, cercando una ragione. Nel mio spazio le frasi restano in sospeso, così la mestizia d’aracnide.
Non penso i pensieri che penso, semplicemente accadono. Come accade il niente. Due punti nello spazio complanare, due rette tangenti, un incontro, come ogni altro possibile incontro, geometrie di angoli adiacenti, frazioni di angolo giro. Cosa pensano queste case, questo chiaroscuro, queste foglie e il silenzio fragile del cuore bambino nascosto dentro il cuore? Quante cose mai saprò di te, quante cose non raggiungerai di me. Ho amato le tue sconfitte, il pulsare feroce della tigre; tu amavi la mia tristezza opaca e la luce d’assenzio nelle crepe. Se solo il tempo dimenticasse di scorrere, se ogni singola cellula smettesse di lottare per la vita e la morte, giorno dopo giorno, anno dopo anno, per l’eternità. Sarebbe semplice se il tempo fosse qui, ora e per sempre, nella semplicità di un gesto ripetuto, l’odore del caffè, il getto caldo della doccia sulla pelle. Una notte qualunque invece, nel sonno, all’improvviso la macchina perfetta ha scartato di lato – forse una sinapsi ostruita – il flusso chimico di serotonina ha smesso di scorrere. Le informazioni neurali scolorite in nude formule binarie, è mutata in silenzio la musica delle sfere. Poi il resto è corso via così, insieme all’universo in espansione. Dall’uno due, un guanto spaiato, una canzone dimenticata consumando in solitudine il pensiero.
Non è mia la colpa né tua, ognuno è popolato interamente da se stesso.
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